Dobbiamo vincere quella “sindrome dello spettatore” che affligge la nostra civiltà, quella cultura del disimpegno che consegna a pochi il libero arbitrio di decidere del destino dei tanti.
O tutti noi, o solo loro. I nostri diritti, o i loro privilegi. Il nostro reddito, o i loro profitti. Il nostro ambiente, o la loro distruzione.
Siamo arrivati a un livello di disprezzo per la vita, per i diritti sociali e civili, per la dignità delle persone che occorre impegnarsi, organizzarsi e lottare per ricostruire una società giusta, solidale, libera, in grado di assicurare la felicità delle persone e il rispetto dell’ambiente.
La guerra tra poveri si è trasformata in guerra tra gli ultimi; la povertà in una colpa; il lavoro in sfruttamento. L’indigenza è una situazione che colpisce anche le lavoratrici e i lavoratori; la nostra libertà è sempre più compromessa; la guerra è ormai condizione di normalità in molte parti del mondo, utile per tutelare gli interessi di pochi.
Siamo passati dal “tenere a bada il mercato”, a limitare la democrazia perché non contrasti con il “libero” dispiegarsi delle forze del mercato (e della finanza). Questo modello di produzione, il mercato finanziarizzato, l’austerità dei diritti pagata dalle persone, è incompatibile con la democrazia, la libertà, con i nostri diritti, con la biodiversità. È incompatibile con il futuro!
Ci hanno lasciato un mondo sommerso dai debiti, che la collettività si sta incaricando di pagare; un ambiente inondato dai rifiuti, che toccherà a noi bonificare; una società corrotta e logora, che va ricostruita.